Criptovalute nelle maglie del Fisco: la manovra riordina la tassazione su Bitcoin & C.
La Manovra finanziaria 2023 punta il dito sulle cd. “criptovalute”, ovvero, per citare la più nota tra queste, su Bitcoin e similari, ma anche sulle cripto-attività in genere, quali gli NFT. Si tratta di strumenti che caratterizzano un mercato in costante evoluzione, soggetto peraltro a forti oscillazioni, estremamente complesso dal punto di vista tecnico. L’intento del legislatore è quello di mettere ordine in un mondo sino ad ora pressoché del tutto deregolamentato, cui l’Agenzia delle Entrate aveva tentato di porre un freno assimilando – con una soluzione che aveva suscitato molte critiche – le criptovalute alle valute estere.
Tentiamo di dare un primo quadro, specificando innanzitutto che ad essere regolamentate sono tutte le cripto-attività, ovvero, come si legge in relazione illustrativa alla manovra in corso di predisposizione, la “rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere emessi, trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga, comunque denominata”.
Non solo, quindi, le criptovalute; la definizione utilizzata è volutamente più ampia, e potremmo tentare di tradurla in valori o diritti, rappresentati esclusivamente in digitale, passibili di produrre reddito o che, comunque, rappresentano un “patrimonio” riconducibile al soggetto che detiene la cripto-attività stessa.
Detto più prosaicamente, il mondo del digitale viene interamente attratto nella disposizione, qualsiasi sia la tecnologia utilizzata e/o lo strumento digitale detenuto.
Nel fornire un primo quadro dell’evoluzione normativa di prossima introduzione, per quanto riguarda i contribuenti non titolari di partita IVA:
- vengono attratti a tassazione, sotto forma di redditi diversi – grazie ad un intervento in modifica al comma 1 dell’art. 67 del TUIR – le plusvalenze realizzate e gli altri proventi percepiti attraverso operazioni che hanno ad oggetto cripto-attività.
Più precisamente, tali redditi diversi saranno rappresentati da plusvalenze e altri proventi realizzati a seguito di operazioni relative alle cripto-attività di:
- rimborso;
- cessione a titolo oneroso;
- permuta;
- detenzione.
Unica “movimentazione” possibile in ordine a tali cripto-attività che non darà luogo all’emersione di “redditi diversi” è quella della permuta effettuata tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni.
Comprendere cosa di debba intendere per cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni, in un mondo fatto di tecnologia non certamente alla portata di tutti, non è semplice.
Nuovamente, la relazione illustrativa viene in aiuto, specificando che ai fini dell’emersione di eventuali redditi non assumerà rilievo lo scambio tra valute virtuali, mentre sarà rilevante l’utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o un servizio (ovvero il passaggio dal virtuale al reale, con effettiva monetizzazione dell’attività detenuta). Allo stesso modo, sarà rilevante (costituendo anche questa un’effettiva monetizzazione, con passaggio dal virtuale al reale) la conversione di cripto-attività in euro o altra valuta.
Tuttavia, anche un passaggio da uno strumento virtuale ad un altro strumento virtuale può essere rilevante, quando ciò accade tra cripto attività non aventi medesime caratteristiche e funzioni. Sempre la nota illustrativa viene in soccorso, citando quale esempio il caso dell’utilizzo di cripto-valuta per l’acquisto di non fungible token (NFT). In questo caso, il tutto resta nel “mondo virtuale”, ma trattandosi di strumenti digitali differenti, l’eventuale plusvalenza sarà redditualmente rilevante.
Di particolare interesse è la previsione che a costituire redditi diversi saranno solo gli ammontari superiori a 2.000 euro. Viene quindi introdotta una specifica franchigia, pensata per evitare di attrarre a tassazione ammontari che non sono particolarmente rilevanti, e che tuttavia spesso derivano da numerose transazioni come, ad esempio, i pagamenti nel settore del gaming (ovvero, per i “diversamente giovani”, il mondo dei videogiochi online, oppure delle app di gioco installate sugli smartphone), spesso effettuati a mezzo criptovaluta.
La franchigia si rende applicabile non solo “pro contribuente”, nel caso di plusvalenza, ma anche nel caso di minusvalenze: queste saranno riportabili agli anni successivi, ma non oltre il quarto, e solo se di ammontare superiore a 2.000 euro.
Chiariamo il meccanismo: nel corso del medesimo anno le minusvalenze andranno a decurtare le plusvalenze, a condizione che si tratti della stessa tipologia di attività. Il risultato sarà rilevante, ai fini reddituali, solo se superiore a 2000 euro: ai fini impositivi, in caso di risultato positivo, oppure ai fini del riporto della minusvalenza, ma non oltre 4 anni, in caso di risultato negativo.
Per quanto riguarda le eventuali minusvalenze già realizzate in precedenza, prima dell’entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, le stesse saranno deducibili dalle plusvalenze realizzate, con il medesimo meccanismo sovra descritto.
Determinati gli eventuali redditi rilevanti, passiamo quindi alla tassazione (con modifiche introdotte al D.lgs. 461/1997):
- la tassazione avverrà ad aliquota fissa, pari al 26%. Si tratta di imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali;
- laddove le attività vengano gestite presso intermediari bancari o finanziari abilitati, sarà possibile scegliere per il regime del risparmio amministrato. La tassazione, pertanto, sarà gestita monte da tali intermediari;
- medesima possibilità è prevista per i rapporti intrattenuti con operatori non finanziari, ovvero quando le cripto attività sono gestite dai soggetti che gestiscono i “wallet” (portafogli digitali). Sul punto resta da comprendere come potrà essere materialmente attuabile questa previsione, quando tali gestori spesso sono soggetti la cui identificazione a livello nazionale è quanto meno complessa. I medesimi operatori, inoltre, vengono chiamati ad effettuare monitoraggio fiscale delle attività e delle movimentazioni effettuate dai loro clienti, indipendentemente dal fatto che si tratti di operatori nazionali o esteri. Anche da questo punto di vista, tuttavia, non possono che sorgere perplessità sull’effettiva applicabilità della norma.
(*) Fonte Fiscal Focus.