Influencer, regime fiscale e previdenziale

Come noto, dal 1° gennaio 2025, è stato istituito il nuovo codice ATECO per la figura dell’influencer. Più precisamente, il nuovo codice ATECO è da attribuirsi alle attività di influencer marketing e content creator, così come spiegato dall’Inps nella Circolare n. 44/2025, in cui viene evidenziato che la figura dell’Influencer è da ricondurre all’interno della più generale “macro categoria” del content creator, ossia l’attività di elaborazione di contenuti scritti, immagini, registrazioni video, audio o contenuti prodotti in diretta che sono resi disponibili attraverso piattaforme digitali di connessione sociale.
L’influencer, invece, è la persona che in ragione della sua popolarità e del credito maturato nell’ambito della comunità degli utenti delle piattaforme è particolarmente idoneo a orientare opinioni e gusti del pubblico di riferimento, sfruttando quindi la propria immagine nell’attività di promozione di beni o servizi, a fronte di denaro o altre utilità.
A tale figura, peraltro, possono essere ricondotte – qualora ricorrano le caratteristiche sopra delineate – ulteriori articolazioni delle attività dei content creator contraddistinte dal mezzo di diffusione utilizzato o dal tipo di contenuto realizzato, quali, a mero titolo esemplificativo, youtuber, streamer, podcaster, instagrammer, tiktoker, blogger, vlogger, ecc.
Ebbene, per le suddette attività, è stato attribuito, a far data dal 1° gennaio 2025, il codice ATECO 73.11.03.
Pertanto, come inquadrare tale figura dal punto di vista fiscale e previdenziale?
Inquadramento fiscale
Attualmente, il TUIR non contiene disposizioni specifiche in merito al trattamento fiscale dei compensi percepiti da chi opera come influencer.
Questa lacuna normativa ha reso inizialmente complicata la comprensione del corretto inquadramento fiscale da adottare.
Un contributo chiarificatore importante è giunto dalla sentenza n. 219/2/23 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, legata al noto caso Cristiano Ronaldo. In questo pronunciamento, i giudici hanno riconosciuto che un’attività continuativa di valorizzazione della propria immagine è assimilabile a quella di un lavoratore autonomo abituale.
Ne consegue che i compensi ottenuti per attività quali shooting fotografici, partecipazioni pubbliche o concessioni d’uso dell’immagine rientrano a pieno titolo tra i redditi professionali autonomi ai sensi dell’art. 53, comma 1, del TUIR. Di conseguenza, il reddito imponibile sarà determinato come differenza tra i ricavi percepiti e le spese sostenute nell’ambito dell’attività, secondo quanto previsto dall’art. 54.
Tale interpretazione – pur comportando una maggiore attenzione agli adempimenti contabili e fiscali – può risultare vantaggiosa per i professionisti del settore. Infatti, la possibilità di dedurre un ampio ventaglio di costi effettivamente sostenuti rappresenta un beneficio rilevante rispetto ai regimi più restrittivi applicabili, ad esempio, allo sfruttamento dell’immagine o al lavoro autonomo occasionale, dove le deduzioni sono più limitate o forfettarie.
Merita di essere menzionata anche una decisione della Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia (sent. n. 468/7/24), in cui si è riconosciuto che le spese per l’acquisto di abbigliamento – nel caso di un influencer attivo nel campo della moda – sono da considerarsi inerenti all’attività professionale. Tali costi, in quanto funzionali alla costruzione dell’immagine pubblica del soggetto, sono quindi deducibili, seppur entro il limite del 50%, considerando l’eventuale uso promiscuo.
Infine, va ricordato che, se in possesso dei requisiti richiesti, gli influencer possono optare per il regime forfettario, che prevede un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 15%, ridotta al 5% nei primi cinque anni, in presenza delle condizioni previste. Tale imposta si applica su una base imponibile pari al 78% dei compensi incassati, come previsto per il codice ATECO utilizzato in questo ambito. Questa scelta fiscale, però, comporta la rinuncia alla deduzione analitica dei costi, prevista invece nel regime ordinario ex art. 54 TUIR.
Gli influencer, per esercitare la propria attività, devono aprire una partita IVA inviando all’Agenzia delle Entrate il modello AA9/12. L’attività è rilevante ai fini IVA; di conseguenza i soggetti saranno tenuti a rispettare tutti gli obblighi previsti per i titolari di partita IVA in regime ordinario, come l’emissione delle fatture elettroniche tramite il SdI, la predisposizione e trasmissione delle liquidazioni IVA periodiche e la dichiarazione annuale dell’IVA.
Qualora, invece, ricorrendone i presupposti, gli influencer optino per il regime forfettario potranno evitare di effettuare gran parte di questi adempimenti.
Inquadramento previdenziale
In assenza di specifiche disposizioni normative che definiscano tali nuove figure professionali, l’Inps ha chiarito che la disciplina previdenziale applicabile è da individuarsi in funzione delle concrete modalità in cui si estrinseca l’attività, del contenuto della prestazione medesima, del modello organizzativo adottato e delle modalità di erogazione/percezione dei corrispettivi.
Pertanto, qualora l’attività di un professionista di questo settore sia la risultante di più attività, nelle quali gli elementi organizzativi prevalgano su quelli personali, cioè si abbia l’utilizzo prevalente dei mezzi di produzione rispetto agli elementi personali, così come, ad esempio, la vendita di video o la gestione di banner pubblicitari, allora si tratta di un’attività economica che rientra nel settore commerciale/terziario, con obbligo di svolgimento in forma di impresa e conseguente iscrizione alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) con attribuzione del corrispondente codice ATECO da cui deriva l’obbligo di iscrizione alla gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali.
Qualora, invece, l’attività venga esercitata abitualmente ma non sotto forma di impresa, i compensi percepiti, nelle sue molteplici professionalità, devono rientrare nella categoria dei redditi di lavoro autonomo, così come disciplinato dall’articolo 53, comma 1, del TUIR.
Sotto il profilo previdenziale, quindi, laddove l’attività svolta assuma le caratteristiche della prestazione di servizi attraverso un lavoro senza vincoli di subordinazione o parasubordinazione, con prevalenza di attività personale e intellettuale, e al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, e pertanto sia qualificabile come prestazione libero-professionale, resta fermo l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Qualora, poi, l’attività svolta da tali soggetti presenti caratteristiche riconducibili a prestazioni artistiche, culturali e di intrattenimento, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, sorge l’obbligo assicurativo al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo (FPLS); ciò anche nel caso in cui la suddetta attività sia posta in essere per la realizzazione di finalità commerciali, promozionali o informative.
(*) Fonte Fiscal Focus